“L’apparenza inganna”: il colloquio di lavoro
Qual è stato il costo complessivo, in termini di tempo, stipendi, TFR, ferie e formazione, per tutto quel personale assunto e poi licenziato dopo sei mesi o un anno perché ritenuto non idoneo o perché ha deciso di lasciare l’azienda? L’errore nella selezione del candidato ha un prezzo elevato, spesso non riportato nelle statistiche dei “Costi della Non Qualità”. A volte riscontro numeri di matricola molto alti anche in piccole srl, il che evidenzia un elevato turnover del personale, con conseguenti spese economiche significative.
La Percezione è Diversa dalla Realtà: l’apparenza inganna.
La percezione è la lente attraverso cui vediamo e interpretiamo il mondo. Eppure, questa lente è spesso distorta, influenzata da pregiudizi, esperienze passate, e convinzioni personali che possono deviare la nostra comprensione della realtà. Questo fenomeno è particolarmente rilevante nel contesto del recruiting, dove la prima impressione può diventare un ostacolo alla valutazione accurata dei candidati. Gli imprenditori e i responsabili delle risorse umane, pur con le migliori intenzioni, spesso si trovano a prendere decisioni affrettate basate su giudizi istantanei, rischiando di perdere talenti preziosi. In questo articolo, esploreremo come la percezione possa differire dalla realtà e come questo influisca sul processo di selezione del personale.
La Trappola della Prima Impressione
La psicologia ci insegna che la prima impressione si forma nei primi sette secondi di un incontro. In questo brevissimo lasso di tempo, il cervello analizza una serie di segnali: aspetto fisico, postura, tono di voce, e perfino il contatto visivo. Questo processo automatico e veloce è utile in molte situazioni quotidiane, ma può diventare problematico durante un colloquio di lavoro.
L’imprenditore o il selezionatore potrebbe inconsciamente etichettare un candidato come “competente” o “non adatto” basandosi su elementi superficiali, come la stretta di mano o il modo di vestire, piuttosto che su una valutazione completa delle competenze e del potenziale del candidato. Questo fenomeno, noto come bias di conferma, porta l’intervistatore a cercare e interpretare le informazioni successive in modo tale da confermare la sua impressione iniziale, tralasciando aspetti cruciali che potrebbero rivelare un talento nascosto.
Inconsciamente, quando una persona viene etichettata fin da subito come valida, si tende a porre domande e fornire spiegazioni che confermino quella prima impressione positiva. Al contrario, se la prima impressione è negativa, si tende a non fare domande o osservazioni stimolanti, poiché si crede che, indipendentemente da ciò che dirà il candidato, il suo destino sia già segnato.
La Velocità come Nemica della Precisione
In un contesto lavorativo frenetico, il tempo è una risorsa scarsa. Le agende dei manager e dei responsabili delle risorse umane sono spesso sovraccariche, e la tentazione di ridurre la durata dei colloqui è forte. Condurre decine di colloqui in una giornata è visto come un modo efficace per incontrare il maggior numero possibile di candidati. Tuttavia, questa pratica porta a un problema significativo: la superficialità dell’analisi.
Quando un colloquio viene ridotto a pochi minuti, la possibilità di scoprire le reali capacità e il potenziale del candidato diminuisce drasticamente. Le domande tendono a essere generiche e le risposte vengono valutate in modo rapido e spesso approssimativo. In questi casi, il selezionatore è più incline a fare affidamento sulle sue prime impressioni, e i bias cognitivi—quelle distorsioni nel pensiero che ci portano a commettere errori sistematici—prendono il sopravvento. Tra questi, oltre al bias di conferma, troviamo il bias di somiglianza, che ci spinge a preferire chi ci somiglia per atteggiamenti o tratti personali, e il bias di ancoraggio, che ci porta a dare eccessivo peso alla prima informazione ricevuta.
La frase “Un tipico colloquio di lavoro è una conversazione tra due bugiardi” attribuita a Claudio Fernández-Aráoz, noto esperto di risorse umane e selezione del personale genera un’altra riflessione. Fernández-Aráoz ha scritto molto sull’importanza di una selezione accurata e sulle dinamiche che possono emergere durante i colloqui di lavoro, spesso sottolineando come entrambe le parti possano cercare di presentarsi sotto una luce più favorevole, a volte distorcendo la verità. Questo può essere amplificato se si ritiene avere poco tempo per convincere o essere convinti.
Le Conseguenze di Decisioni Affrettate
Scartare un candidato dopo pochi minuti di colloquio perché la prima impressione non è stata positiva può portare a gravi conseguenze. Un imprenditore può perdere l’opportunità di assumere un individuo che, con più tempo e attenzione, si sarebbe rivelato un asset prezioso per l’azienda. La storia è piena di esempi di grandi talenti inizialmente sottovalutati. Albert Einstein: Considerato uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi, Einstein fu inizialmente considerato un allievo mediocre dai suoi insegnanti. Ebbe difficoltà a trovare un lavoro accademico e trascorse anni lavorando in un ufficio brevetti. Solo successivamente le sue teorie rivoluzionarie, come la relatività, lo portarono al riconoscimento mondiale. Elvis Presley: Prima di diventare il Re del Rock ‘n’ Roll, Elvis fu inizialmente scoraggiato da un produttore musicale che gli disse: “Non andrai da nessuna parte, ragazzo. Dovresti tornare a guidare un camion.” Presley ignorò il consiglio e divenne una delle icone musicali più celebri di tutti i tempi.
Sovverti il paradigma
È consigliabile iniziare la selezione con i primi colloqui in videoconferenza, convocando di persona solo i candidati ritenuti validi sulla base delle informazioni raccolte. È fondamentale dedicare tempo sufficiente per dialogare con il candidato, creando un’atmosfera che non sia eccessivamente formale, così da non metterlo a disagio. Un buon approccio può essere iniziare parlando della società, meglio ancora se accompagnato da una visita ai reparti operativi.
Durante il colloquio, è importante spiegare nel dettaglio il ruolo professionale richiesto, lasciando che il candidato parli di sé senza interruzioni. Se il candidato è timido o inizialmente a disagio, è utile porre domande pertinenti per stimolarlo. Creare degli “story case” può essere efficace per capire concretamente come si comporterebbe in determinate situazioni. Discutere delle sue esperienze precedenti permette di cogliere il tono con cui le descrive, rivelando dettagli potenzialmente interessanti.
È importante non essere frettolosi in questo processo, poiché può richiedere dai 90 ai 180 minuti. Tuttavia, se il tempo è denaro, questo tempo sarà un investimento ben speso.