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Grandi Dimissioni: Una cattiva notizia e una buona.

Grandi Dimissioni: Una cattiva notizia e una buona.
  • PublishedAgosto 11, 2024

Il rapporto Gallup post-pandemia aveva segnalato il fenomeno delle “Great Resignation”, ovvero le dimissioni inaspettate da parte di manager e personale in generale, impegnati attivamente nella ricerca di un nuovo lavoro e di nuove opportunità. In quel periodo, nel settembre 2022, uno spot dell’IKEA rappresentava un padre felice di potersi finalmente prendere cura della sua famiglia e del suo business, intento ad arredare il suo negozio di tessuti. Il protagonista esprimeva il sottile piacere che provava mentre scriveva al suo direttore comunicando le sue dimissioni, firmandosi alla fine: “Luca, Amministratore del mio TEMPO.” Una svolta epocale rispetto ai rilevamenti del passato.

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La cattiva notizia

La cattiva notizia è che la tendenza non si è invertita, anzi, si è accentuata. Manager Italia Lombardia, sul quotidiano *Il Giorno*, riporta dati che fanno riflettere profondamente. In Lombardia, le dimissioni degli over 50 nel primo trimestre del 2024 sono aumentate, passando da 25.539 nel 2023 a 25.865 nel 2024. La lettura delle esperienze riportate da over 50 che hanno dato le dimissioni perché infelici o alla ricerca di nuovi stimoli ci dà la misura del fenomeno, in contrapposizione alla tendenza comune che vedeva molti rimanere impiegati per tutta la vita nel “posto fisso”.

Un tempo, la sensazione era che il posto fisso garantisse una sorta di protezione, come se un’entità astratta si prendesse cura di noi e della nostra famiglia. Oggi, questa percezione si sta progressivamente sbiadendo, con la consapevolezza che, a parte il comparto statale, anche le multinazionali, nei loro riassetti e delocalizzazioni geografiche, non rappresentano più un porto sicuro per tutta la vita lavorativa.

La buona notizia

La buona notizia è che per molte aziende attente e disposte a investire in una campagna di recruiting, si aprono interessanti opportunità per trovare collaboratori validi che si sono rimessi sul mercato. In passato, questi professionisti erano strettamente legati alla propria azienda da un senso di lealtà, ricambiato da una certa considerazione in ambito lavorativo per tutta la durata della loro permanenza. Oggi, non è strano vedere nuove assunzioni, specialmente di giovani manager performanti, con tempo ed energia da vendere, che vanno a sostituire posizioni conquistate negli anni. Alcuni scelgono di andarsene, il che è meglio che rimanere con le braccia incrociate in azienda.

Ma cosa sta accadendo nelle aziende?

Le aziende sono sempre meno propense a conservare il ruolo per chi non si aggiorna o non cresce con il mutare delle nuove necessità. Oggi, se vogliono rimanere competitive, le società devono cambiare rapidamente direzione e adottare una maggiore dinamicità. I manager che esordiscono con: “Abbiamo sempre fatto così” sono considerati sempre meno affidabili rispetto a coloro che, invece di spiegare perché un progetto non è realizzabile, si concentrano su come realizzarlo. Questo è ciò che piace all’imprenditore moderno. Tuttavia, ciò non significa che un manager datato ma esperto non sia valido e produttivo in un’altra società. Anzi, il cambiamento produce in molti manager e tecnici nuovi stimoli, e nella nuova società ritrovano idee, energie e innovazione. Perché non tirarle fuori prima?

Le ragioni più profonde delle dimissioni

Le dimissioni spesso si presentano perché non c’è più valorizzazione. Dopo anni, il collaboratore rischia di essere preso per scontato. I suoi “no” a certi progetti, dettati dal suo punto di vista e dalla confidenza con l’imprenditore, potrebbero essere visti dalla proprietà come un gesto di scollaborazione. Paradossalmente, una serie di malintesi può portare a una rottura nei rapporti interpersonali, che se non chiariti subito, inesorabilmente creano chiusura e antipatia.

Identikit del dimissionario

– Chi ricerca nuovi stimoli perché vuole crescere professionalmente e non vede sbocchi dove si trova.

– Chi non si sente più valorizzato e vede altri passargli avanti. Manca la retribuzione intangibile, come la considerazione e la stima per ciò che fa. Manca l’apprezzamento dichiarato del suo lavoro.

– Chi decide di aprire una partita IVA e mettersi in proprio.

– Chi è insoddisfatto della propria retribuzione economica.

Questi pochi punti riassumono le cause macro delle dimissioni di collaboratori storici. Metto per ultimo la retribuzione perché, dal mio punto di vista, il denaro è sempre meno importante. Anche se molti si giustificano al momento delle dimissioni asserendo di avere un’offerta a cui “non possono dire di no”, in realtà questa è una scusa che nasconde un fatto assoluto: dove sono non si trovano più bene. E quando poi si scopre la nuova RAL, emerge che per poco di più qualcuno decide di andarsene.

Si poteva fare qualcosa per evitare che una persona di valore se ne andasse?

Qui entra in gioco la responsabilità dell’imprenditore, che spesso scopre da ultimo e per ultimo che un prezioso collaboratore ha dato le dimissioni. Spesso queste sono irrevocabili, cioè ormai non serve neanche più trattare. Si fa peggio se si offre un aumento quando si sarebbe potuto dare prima. La cosa utile, se ne abbiamo modo, è ascoltare e non chiudersi a riccio, offesi per la richiesta di abbandonare la nave. L’ascolto a volte ci fa comprendere cose che non vorremmo sentire, ma che ci aiuteranno per chi rimane. Talvolta, l’ascolto sincero e un tentativo tardivo possono sortire l’effetto di un ripensamento, ma è molto raro. La domanda è: possibile che nessuno si sia reso conto prima? Possibile che nessuno avesse raccolto delle confidenze? Se si fosse saputo del malcontento di un valido e produttivo collaboratore, si sarebbe potuto fare qualcosa?

A volte, in azienda, ci sono dinamiche che portano anche alcuni manager a sottovalutare i segnali di distacco da parte di un collaboratore. Talvolta si sottovaluta la situazione o, peggio ancora, qualcuno pensa che non sia affar suo. Questo dimenticando chi lo ha assunto, il quale avrebbe diritto di sapere se qualcosa non va nella sua azienda, piuttosto che avere collaboratori più preoccupati di perdere un’amicizia che della salvaguardia della propria azienda.

Effetti indesiderati delle dimissioni irrevocabili

Chi se ne va spesso è detentore di un know-how non sempre rimpiazzabile lì per lì. A volte si scopre dopo che, andato via lui, non c’è chi sappia fare il suo lavoro. E nessuno ci aveva pensato. La trasmissione delle conoscenze è certamente dispendiosa, perché vuol dire inserire persone che devono imparare (quindi non vengono viste come produttive, ma come un costo) e persone che devono insegnare (quindi perdono tempo). A volte se ne vanno direttori vendita che si portano via pacchetti di clienti che erano più legati a loro che all’azienda. Se ne vanno disegnatori tecnici che portano con sé la loro arte. Se ne vanno segretarie detentrici di uno storico difficilmente recuperabile nei file del loro computer. Insomma, se ne va un pezzo dell’azienda.

Valutazioni da fare

Per chi trova nuovamente sul mercato queste persone, si manifestano ghiotte opportunità. Persone che hanno fatto scuola ed esperienza altrove, e che ora possono venire da noi. Ricordiamo poi che il costo di una persona esperta rispetto a una non esperta non è così esorbitante. Ecco perché un imprenditore dovrebbe essere determinato a cercare i migliori.

Se anche tu vuoi il “campione” della situazione, devi però esserlo anche tu. Di questo parleremo nei prossimi articoli.

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